domenica 8 novembre 2009

Immaginare Istanbul


Sono una persona lenta, in tutte le cose. Metabolizzo lentamente i cambiamenti, mi muovo lentamente, apprendo lentamente, ho una soglia dell'attenzione molto bassa che mi costringe, solo se devo, a ripetere più volte la visione, la lettura... e tutto si rallenta.
Scrivo lentamente e mi emoziono facilmente... quindi sono ancora più lenta, perchè devo cancellare tutto per poi riscrivere.
Premessa mooolto lenta che mi fa introdurre il post su un libro lento.

Sono ormai tre o quattro anni che inseguo l'idea di fare un viaggio a Istambul, ma fino alla scorsa estate la voglia di partire era legata solo ad una curiosità da turista del weekend "dai andiamo, ci facciamo un we lungo, andiamo a vedere Santa Sofia, un salto al bazar, vestito nuovo per Frà, narghilè, foto davanti alla moschea e ce ne torniamo a Roma."

Ora le cose sono cambiate. Ho pensato a un certo punto che anche se la situazione economica ci costringe a fare minivacanze, stitiche di vita del posto e di respiro della quotidianità, in qualche modo questo respiro dei posti che andiamo a vedere dobbiamo recuperarlo. Così ho deciso, in attesa di riempire il salvadanaio e prenotare il volo Roma-Istanbul di iniziare a leggere libri che parlano di Istanbul. Ho iniziato da quello che pensavo fosse il più esplicito al riguardo "Istanbul" di Orhan Pamuk.

Un libro lungo, che ho letto lentamente in metro e sul treno, nel tragitto casa-lavoro-lavoro-casa.

Taksim nella musica tradizionale ottomana significa intermezzo ed è solo strumentale (nella danza del ventre è la parte di presentazione della danzatrice) . Questa parola significa anche dividere, spartire e indica il luogo dove l'acqua si divide in due. Gli abitanti di Istanbul chiamarono Taksim l'altopiano su cui era costruito il centro di distribuzione dell'acqua e dove Nerval passava le sue giornate guardando il panorama e dove prima di lui passò anche Flaubert.

Posso dire dopo aver letto questo libro di conoscere Istanbul? No. Posso dire di aver voglia di partire subito, infatti questo libro più che parlare della città parla dell'autore, della sua vita, della sua percezione delle strade, del Bosforo, della famiglia e della società. Una panormica della cultura, della letteratura turca, della pittura e della tristezza che respira ovunque.
Tema centrale che ricorre in tutto il libro è chiamata tristezza, ma è più uno stato di malinconia persistente nelle strade, nel freddo, nei battelli sul Bosforo, nelle case di legno e nell'atteggiamento delle persone.

Una bella coincidenza è stata la lettura delle lettere dall'Egitto di Flaubert, e le foto di Max Du Camp... coincidenza con cosa? più che coincidenza, una convergenza di racconti, parole, immagini che si affacciano da questo libro nelle parole di Pamuk e mi riportano al libro concluso qualche mese prima di iniziare questo. Tutto torna, come se questo ciclo di mie letture fosse connesso in qualche modo, come una conferma che il percorso che ho scelto è giusto!

Ora, vorrei partire subito per Istanbul. Vorrei passeggiare per le strade con calma, vorrei credere di camminare in quella strada per andare a casa, vorrei affacciarmi da una di quelle terrazze sul Bosforo (chissà si ci sono ancora o sono solo ricordi di Pamuk?!), vorrei disegnare e sentire il rumore dei vaporetti (si sentiranno ancora?).

Prendere il tempo. Così come ho preso il tempo di lettura, lento, vorrei prendere il tempo di immaginare la vita della città da lì, godere non solo della vacanza, ma della tristezza e malinconia della città (sempre se c'è davvero o se è solo la lettura di Pamuk!)
Quanto mi piacerebbe vivere la quotidianità di Istabul... quanto vorrei partire subito.

2 commenti:

Vale ha detto...

Ho letto anch'io il libro di Pamuk, ma di ritorno da Istanbul, perché avevo nostalgia e volevo ritrovarmi lì almeno per un po'.
Mi sono resa conto che, in quel libro, c'è troppa storia personale, c'è una visione unica, mentre la città ha mille facce, tutte da vedere.
E' vero, c'è un aspetto triste e terribilmente decadente, ma io ho colto mille altri aspetti che nel libro non sono menzionati per niente. Ovviamente, per chi ci vive, la città appare in un modo completamente diverso...ma per chi ci capita "di sfuggita" si rivela un meraviglioso caleidoscopio...come una scatola magica da cui non vorresti staccarti mai.
Ci tornerei anche subito, in quel luogo strano e pieno di contraddizioni, molto più vicino a noi di quanto immagini, e allo stesso tempo una galassia a sé...Bello. Se puoi, cogli la prima occasione e non lasciartela sfuggire.

francesca ha detto...

grazie vale,
aspettavo un commento da chi ha vissuto, anche per un pò, istanbul!
Non vedo l'ora di andare e cercare quello che ha descritto pamuk, quello che mi hai raccontato tu e quello che immagino...
baci
fra

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